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Da regina di Europa e del tiki Taka alla crisi societaria e l'addio di Messi: la metamorfosi in negativo del Barcellona

Dopo anni di dominio in Spagna ed in Europa, il Barcellona si prepara a disputare il primo Clasico senza Lionel Messi. Com'è finito il ciclo dei catalani? Le sliding doors del declino blaugrana
| 4 minutes di lettura
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L'Apice del Barcelonismo

Il 26 novembre del 2012 è una data storica per il Barcelonismo. In una partita di Liga con il Levante, si fa male Dani Alves, sostituito da Montoya. In quel momento l’allenatore Tito Vilanova, poi scomparso nel 2014, ha in campo, per la prima volta nella storia del club, 11 canterani contemporaneamente.

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A fine partita, terminata 4-0 per il Barça, Xavi riconoscerà i meriti di Van Gaal, il primo ad auspicarsi un risultato del genere. E’ la vincita del settore giovanile, l’esaltazione della Masia e del Tiki Taka, che proprio in quegli anni vedrà la sua espressione più scintillante. Il Barça, con Guardiola in panchina, dal 2009 al 2012, è stato capace di vincere ben 14 titoli, di cui due Champions con Messi quattro volte consecutivamente Pallone D’Oro.

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La sua straordinaria vena realizzativa, la sintonia tra Xavi e Iniesta, il killer instinct di Eto’o, David Villa e Pedro, la garra di Puyol e Pique, le geometrie di Busquests e le sgroppate di Dani Alves, sono soltanto alcuni degli elementi che hanno determinato un’epoca di trofei e successi irrepetibili. 

 E’stata soprattutto l’epoca del Clasico, delle conferenze accese di Mourinho e Guardiola, la straordinaria rivalità tra Messi e Cristiano Ronaldo, il confronto tra Madridismo e il Barcelonismo. Anche il Real Madrid si è ridimensionato rispetto a qualche anno fa, ma il Barcellona ha completamente perso il suo DNA.

Roma, Liverpool e l’8-2 a Lisbona con il Bayern Monaco: il declino annunciato del Barcellona.

L’ultima Champions risale a 6 anni fa, a Berlino, contro la Juventus di Massimiliano Allegri. LA MSN di Messi, Suarez e Neymar condanna i bianconeri e per il Barça si tratta della quinta Champions della propria storia, la quarta nelle ultime nove edizioni.

Da quel momento, il trend positivo in Champions del Barça finisce e le rimonte subite dal club e le figuracce subite da Messi e compagni si ripetono. E pensare che nel 2017, dopo aver perso 4-0 a Parigi agli ottavi con il PSG, il Barça avrà la forza di rimontare al Camp Nou infliggendo un incredibile 6-1 alla squadra di Emery.

Dopo l’eliminazione con la Juve, 3-0 allo Stadium, le cose andranno anche peggio nelle edizioni successive: dopo aver battuto la Roma 4-1 al Camp Nou ai quarti nel 2018, la rete di Manolas condanna il Barça ad un'eliminazione dopo il secco 3-0 all’Olimpico. Nel 2019, invece, andrà anche peggio: in semifinale, dopo aver vinto 3-0 sul Liverpool, il Barça cade 4-0 ad Anfield. Amarissimo preludio rispetto all’8-2 rimediato a Lisbona dal Bayern nell’agosto del 2020, nelle final eight dell’edizione fermata dalla pandemia. Una serie di sciagurati eventi, che fa il paio con la gestione nefasta di Bartomeu.

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Scelte e investimenti sbagliati: così il Barcellona di Bartomeu ha dilapidato il suo margine

Soltanto due anni fa, infatti, neanche il Real Madrid (che nel frattempo ha visto lievitare la sua capacità di spesa oltre i 700 milioni di euro da investire in stipendi) poteva pensare di avvicinarsi alle cifre del Barcellona - primo in maniera indiscussa in Spagna.

I catalani potevano permettersi gli accordi più ricchi della Liga perché puntavano al miliardo di fatturato (conquistato dopo stagioni costellate di successi in campo nazionale e internazionale), ma la scellerata gestione tecnica degli ultimi anni ha disperso il patrimonio e il vantaggio accumulato sugli altri club: contratti senza senso, acquisti di giocatori tutt’altro che in grado di fare la differenza e l’arrivo della pandemia hanno dato il colpo di grazia a una squadra che nel giro di pochi mesi ha gettato all’aria un capitale. Il Barcellona adesso è la settima squadra in Liga per capacità di spesa (97 milioni di euro), soltanto 20 in più del neopromosso Espanyol; storico rivale cittadino dei blaugrana e ben lontano dalla potenza economica del club più blasonato di Barcellona.

Pesa certamente la scelta di non aver venduto la propria quota al fondo CVC Capital Partners come fatto dalla quasi totalità delle squadre spagnole, ma anche il Real Madrid non ha puntato su quello, ottenendo ben altri risultati a livello economico e di spesa. Il Clàsico di questo weekend - in campo domenica 24 ottobre alle 16.15 - è un modo per cercare rivalsa, riscatto o almeno ripartenza. Una partita che ha sempre avuto un peso e un valore che vanno oltre il punteggio in campo e che, anche in questa occasione, non fa eccezione.

La Cantera e l'apporto dei giovani per ritornare a sognare il Tiki Taka

Per ritornare a rivivere le grandi emozioni di un tempo, il Barcellona deve affidarsi ai giovani e ai prodotti della Cantera, accantonata per un periodo per acquistare calciatori che poi non hanno reso, come d’aspettative del club. I nomi principali da cui ripartire sono essenzialmente tre: Pedri, Ansu Fati e Gavi. Due classe 2002 e un 2004, blindatissimi dal club. Sui primi due - proprio in queste due settimane - è già arrivato il rinnovo di contratto, con una clausola rescissoria da 1 miliardo di euro. Pedri è stato letteralmente strappato alla concorrenza del Real Madrid, l’unico non canterano: anzi, canario, come Pedro, capace di segnare nel 2011 in tutte e sei le competizioni vinte dal Barça nel Sextete.

Ansu e Gavi saranno in campo con il Real, Pedri è out per infortunio. Avrà chance di rifarsi, almeno fino al 2026. Intanto, dopo quasi 13 anni, vedremo un nuovo numero 10 in un Clasico per il Barça: e chissà che Ansu Fati non riesca, almeno in questo Clasico al Bernabeu, a fare il Lionel Messi.

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